Presentazione

G. Corsello, G. Di Mauro, M. Duse

Negli ultimi decenni le possibilità di diagnosticare le Immunodeficienze Primitive (IDP) si sono enormemente ampliate ed estese al riconoscimento delle loro basi molecolari: attualmente conosciamo le basi genetiche di oltre 300 IDP. A riprova di quanto ebbe a dire Amos Etzioni in un suo famoso editoriale “L’ingresso della genetica nella immunologia non rappresenta l’inizio della fine, bensì la fine dell’inizio”, con queste aquisizioni si è aperta una nuova era, sia speculativa che transazionale, con importanti ricadute anche in ambito terapeutico, a tutto vantaggio dei bambini con IDP. Sapere quali sono le basi genetiche delle immunodeficienze ci consente infatti di poter intervenire con precisione sia nei consigli genetici e di pianificazione familiare, che nell’avvio a Centri qualificati per le migliori terapie, sia molecolari, che cellulari o genetiche. Sono tutti approcci che possono correggere alla base la malattia e guarirla. Anche la terapia genica sta muovendo i primi passi e deve essere affinata, ma il traguardo non appare così lontano. Le IDP sono patologie rare che per la loro complessità ed eterogeneità si prestano ad essere sottostimate ma talvolta, paradossalmente, possono essere oggetto di sovrastima (sono le malattie più frequentemente sospettate: si pensi al bambino con infezioni ricorrenti). Sono caratterizzate da un ritardo considerevole di diagnosi anche le malattie relativamente più frequenti, come la immunodeficienza comune variabile, che nei registri lamenta un ritardo di diagnosi di oltre uno-due anni. Il problema delle immunodeficienze, peraltro, è proprio intrinseco alla estrema eterogeneità dei quadri clinici sia di esordio che evolutivi (storia naturale) e con sintomi clinici non sempre correlati tra loro, forme sindromiche dai quadri più variegati, accomunati però dal fatto che tutte le IDP hanno una pesante ripercussione sulla qualità di vita di questi bambini, quando non ne mettono già da subito -alla nascita- in pericolo la vita stessa. Sono dunque patologie difficili da sospettare, diagnosticare, approcciare e rappresentano una sfida per il pediatra. Tradizionalmente siamo indotti a sospettare una immunodeficienza quando ci troviamo di fronte bambini che ammalano spesso, che soffrono di infezioni o febbri ricorrenti, ma nel corso di questi ultimi 60 anni, dalla identificazione della prima immunodeficienza ad opera di Bruton, l’esperienza e le conoscenze più fini dei meccanismi immunologici di base ci hanno permesso di capire che le IDP comprendono in realtà un ampio spettro di malattie che possono anche non avere le infezioni come sintomo cardine, ma che possono invece essere caratterizzate dalla presenza di manifestazioni autoimmuni anche gravissime e sono o possono essere gravate da un pesante rischio di complicanze neoplastiche. Ne consegue che una diagnosi precoce è di estrema importanza e la responsabilità del pediatra enorme, tanto maggiore quanto più precoce e grave è la malattia. Basti pensare alle immunodeficienze combinate gravi (SCID) che esordiscono nei primi giorni/mesi di vita con diarrea cronica, malassorbimento, infezioni da germi inusuali o da opportunisti: l’avvio tempestivo in un Centro di terzo livello può salvare la vita e portare anche alla 3 guarigione. I recenti dati americani sul successo del trapianto di cellule staminali sono emblematici: guarisce oltre il 90% dei bambini con SCID, se trapiantati prima del terzo
mese di vita e prima che si instaurino infezioni gravi. Questa Guida non si prefigge la trattazione completa e approfondita delle varie IDP ma è nata con il preciso scopo di dare strumenti di facile consultazione per il pediatra “generalista” (pediatra di famiglia e pediatra ospedaliero). L’impostazione schematica e pragmatica con cui è stata costruita vuole aiutare il pediatra generalista quando si trova di fronte ad un bambino il cui quadro clinico è di difficile inquadramento e vuole far porre attenzione su quei segni o sintomi che possono o devono far nascere il sospetto diagnostico di IDP. I primi capitoli ci guidano fra i sintomi che ne caratterizzano le forme più frequenti, portandoci a un ragionamento diagnostico differenziale esaustivo e guidandoci nella richiesta e interpretazione degli esami. In un momento così critico della Sanità, infatti, il discorso di appropriatezza e l’attenzione alla selezione degli esami più utili all’inquadramento diagnostico sono assolutamente critici e importanti anche in un quadro di economia sanitaria. Per inciso, va sottolineato che non sono state trascurate nemmeno le forme secondarie e si forniscono suggerimenti anche per l’inquadramento di queste immunodeficienze. Infine vengono date indicazioni pratiche di gestione quotidiana di questi bambini, contribuendo così a migliorare anche gli aspetti di presa in carico del bambino con IDP, con l’obiettivo finale di migliorarne la qualità di vita. Alla stesura di questa Guida hanno partecipato pediatri esperti nel campo immunologico e pediatri generalisti. Ci auguriamo che il lavoro di sintesi tra le diverse realtà assistenziali sia stato efficace e riesca a rappresentare uno strumento pratico di consultazione per i pediatri nella vita ambulatoriale quotidiana.

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