Adolescenti e alcol, la drunkoressia in aumento anche in Italia
L’uso di bevande energizzanti: dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) alcuni suggerimenti per riconoscerne i campanelli d’allarme e i potenziali rischi.
Roma, 17 aprile 2013 – Se storicamente l’abuso di alcol ha sempre maggiormente interessato i giovani adulti traducendosi, per lo più, in una perdita del controllo dei propri comportamenti e in un’ebbrezza temporanea, oggi, invece, i ragazzi mostrano tendenze diverse che contribuiranno probabilmente a modificare la figura dell’etilista del futuro.
E questo per ragioni diverse. Da una parte, il consumo di alcol ha registrato una progressiva anticipazione a fasce di età inferiori: i primi “assaggi” – in particolare di birra, più che di vino e superalcolici – avvengono durante gli anni della scuola media. Dall’altra, c’è una maggiore consapevolezza negli adolescenti degli effetti dell’alcol che, quindi, vengono appositamente ricercati in particolari circostanze, come può essere il ritrovo in discoteca. Da qui la necessità di un’azione informativo-preventiva con largo anticipo rispetto al raggiungimento della maggiore età o delle prime uscite serali.
“Un esempio concreto ed eloquente delle nuove tendenze tra gli adolescenti – sostiene il dottor Giuseppe Di Mauro, Pediatra e Presidente della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) – è rappresentato dalla drunkoressia o “anoressia da happy hour” che consiste nell’abitudine di digiunare per poi consumare bevande a significativo tenore alcolico con una duplice finalità: ridurre l’apporto energetico in modo da compensare le calorie dell’alcol con il “guadagno” ottenuto dal digiuno, e potenziarne gli effetti inebrianti”.
Un caso di anoressia su 15 si declina nella drunkoressia denotando, così, un rilevante cambiamento di costumi, proiettato verso l’assunzione di alcol al di fuori dei pasti e spesso favorito dalla disponibilità di cocktail già pronti o elaborati al momento.
Nata negli Stati Uniti, la drunkoressia si sta diffondendo largamente anche in Italia dove si stimano 300 mila casi di ragazzi tra i 14 e i 17 anni, casi che 8 volte su 10 riguardano il sesso femminile e, in generale, presentano una tendenza ad un preoccupante aumento.
Gli effetti organici della drunkoressia possono essere davvero dannosi, soprattutto sugli adolescenti: ai tradizionali danni provocati dall’alcol al fegato e alle cellule nervose si sommano, quasi con effetto moltiplicativo più che semplicemente additivo, pericolosi sbalzi di peso, con scomparsa del ciclo mestruale nelle ragazze, osteoporosi, aritmie cardiache e steatosi epatica (cioè infarcimento di grassi nel fegato, primo passo verso la cirrosi).
Attualmente oltre all’abuso di alcol, a destare un grande allarme sono anche le bevande energizzanti, i cosiddetti “energy drink”, che contengono sostanze stimolanti quali caffeina, taurina, guaranà, ginseng e niacina. Tali bevande sono finalizzate a dare carica, sensazione di forza, instancabilità, resistenza e potenza e quando vengono mescolate a quelle alcoliche contribuiscono a promuovere gli effetti di disinibizione comportamentale.
Fino a qualche tempo fa l’attenzione era focalizzata più sui “soft drink”, cioè le comuni bibite gassate e/o dolcificate, il cui consumo eccessivo rientra tra le abitudini scorrette più diffuse e spesso associate a sovrappeso e obesità. Gli energy drink si sono affacciati in epoche recenti ma hanno fatto presa con sorprendente rapidità grazie a politiche commerciali e pubblicitarie aggressive e di notevole impatto visivo.
A livello europeo, dal recente rapporto Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), emergono dati preoccupanti sull’uso di bevande energizzanti sia negli adulti che nei bambini: in generale, il consumo combinato con l’alcol arriva al 56% negli adulti e al 53% negli adolescenti. In particolare, se tra i primi circa il 30% dichiara di consumare abitualmente energy drink, tra gli adolescenti dai 10 ai 18 anni le percentuali salgono al 68% con un 12% di bevitori “cronici”, con un consumo medio di 7 litri al mese e un altro 12% di consumatori “acuti”. Tra gli adolescenti spesso questa moda trae spunto dal mondo dello sport con l’obiettivo perseguito sin dai ragazzi alle prime armi che mirano a raggiungere migliori risultati se non a diventare veri atleti professionisti.
Il dato più allarmante è, poi, quello che riguarda i bambini dai 3 ai 10 anni: il 18% circa consuma energy drink e tra di essi il 16% ne consuma in media 0,95 litri a settimana (almeno 4 litri al mese), complici in questo caso certamente contesti familiari in cui i genitori o i fratelli maggiori sono i primi consumatori di tali bevande.
“Soft ed energy drink, dunque, sono rappresentativi – afferma il dottor Piercarlo Salari, Pediatra Consultoriale a Milano e membro SIPPS – di due fenomeni paralleli e non complementari, che sebbene debbano essere differenziati opportunamente dall’abuso di bevande alcoliche, non devono essere sottovalutati.
E’ fondamentale per i genitori saper cogliere nei propri figli alcuni segnali premonitori quali:
- la difficoltà di concentrazione e memoria, con impatto sulla resa scolastica
- l’aggressività immotivata e le alterazioni del tono dell’umore
- i cambiamenti nel ritmo sonno/veglia con eccessiva sonnolenza diurna
- la tendenza all’isolamento
- il desiderio ossessivo di migliorare le performance sportive
- la ‘dipendenza’ da abitudini che tendono a ripetersi in alcuni momenti o circostanze, come per esempio il digiuno volontario in previsione di una festa o di una serata con gli amici”.
La vera preoccupazione riguarda, però, la mancanza di conoscenza degli effetti da parte degli adolescenti: gli energy drink sono, infatti, ancor più facilmente reperibili degli alcolici e non è possibile una stretta sorveglianza del loro utilizzo.
“In caso di eccessivo consumo di bevande energizzanti si possono identificare due ordini di rischi – prosegue il dottor Salari – quelli con conseguenze immediate quali:
- l’accelerazione del battito cardiaco e la comparsa di episodi di tachicardia e ipertensione
- nausea e/o vomito
- malessere psicofisico
- calo dell’attenzione e della vigilanza (ancora più pericolosa se il ragazzo è alla guida)
e quelli con conseguenze nel più lungo termine, quali:
- dipendenza
- riduzione della memoria e delle capacità cognitive
- erosione dello smalto dentario
Va da sé che i rischi si amplificano se agli energy drink vengono associati alcol e sostanze stupefacenti”.
Se l’atteggiamento proibizionista serve a poco o può essere addirittura controproducente, per limitare i danni provocati dall’abuso di bevande energizzanti, i pediatri della SIPPS raccomandano una sempre maggiore informazione non soltanto rivolta ai ragazzi ma anche alle loro famiglie. Vale, forse, la pena di ricordare che il “mito del ricostituente” non è poi culturalmente molto distante dal doping sportivo come pure dall’energy drink. Il concetto di demandare il compito di risolvere un problema o migliorare una condizione a un prodotto, qualunque esso sia, può essere trasmesso al bambino molto precocemente, facendogli credere che sia sufficiente un integratore per guarire più in fretta o per non riammalarsi.
In fondo anche l’energy drink può essere considerato erroneamente una soluzione simile per vincere la stanchezza e affrontare gli impegni quotidiani in una maniera semplice, rapida, efficace e perfino piacevole e accattivante.